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casco inglese

copertina

Prezzo:Euro 3.99

Distribuito da: Amazon.


Dalle sanguinose trincee di ogni fronte echeggiano fino ai giorni nostri storie di tragedie ma anche leggende. Questi sono i racconti narrati in prima persona dai loro protagonisti: i soldati della Grande Guerra.

“Se mi chiedessero di raccontare la guerra, non potrei fare altro che cospargermi il capo di umiltà e declinare la proposta; ritengo, infatti, che sia impossibile descrivere certi eventi finché non si vivono di persona. Tali orrori rimarranno per sempre scolpiti nella memoria di coloro che videro con i propri occhi l’inferno, noialtri possiamo solo rievocarli con l’immaginazione. Ma ciò è un gran sollievo, ovviamente, perché significa che abbiamo avuto la fortuna di vivere dove c’è la pace, e dove il boato dei cannoni risuona solo alla televisione e al cinema. In ogni caso, nel mio mondo interiore fatto di visioni, ho cercato di vestire i panni di un soldato o di un ufficiale e gettarmi nel fango delle trincee sul fronte della Grande Guerra, indossando di volta in volta la divisa di alcuni dei paesi belligeranti. Mi sono concesso qualche libertà, perché questa è una raccolta di racconti che definirei ‘anomala’, vista la presenza di elementi tipici del fantastico che compaiono talvolta nel corso della narrazione. Ed è appunto in questo modo che io ho voluto raccontare la mia guerra, senza però penalizzare il dramma umano.”

casco tedesco

IL PIAVE SACRO

Bassopiano di Onigo, Fronte del Piave. 25 ottobre 1918.

I proiettili sibilavano non troppo lontano dalla mia testa. Ero sporco di fango, un paio di ratti mi giravano intorno, eppure, la loro non era una così brutta compagnia, perché almeno erano vivi.
Qui dalla trincea, ai piedi di Onigo, si udiva il Piave gorgogliare piangendo i morti di tutte le bandiere.
Diaz voleva la vittoria, l’Italia tutta la voleva, ma il prezzo da pagare sarebbe stato immane, un tributo di sangue per riconquistare il suol patrio. “Per l’onore e la gloria, per vendicare la disfatta di Caporetto”, dicevano i superiori, quelli che stavano nelle retrovie limitandosi a guardare impassibili con il binocolo tutti quegli uomini in divisa morire uno dietro l’altro.
Carlo, il carpentiere salentino, aveva appena esalato l’ultimo respiro. Insieme a lui si era spento il suo sogno di andare a vivere in America. I suoi occhi azzurri erano diventati vitrei e mi fissavano, la bocca era spalancata in un urlo strozzato e il torace dilaniato dalle schegge roventi. Mi girai, anche il mio amico ragioniere fiorentino, Simone, se n’era appena andato, superando il fiume solo con lo spirito; una mente virtuosa, più adatta alla scrivania che alla palude della trincea. Aveva sempre avuto il volto di un bambino, senza nemmeno un filo di barba ribelle, ma ora, riverso nel fango, sembrava più vecchio di almeno dieci anni. Gli anni al fronte avevano deturpato la sua giovinezza, come quella di tutti noi. Lui non stava stringendo il fucile, bensì la foto che lo ritraeva mentre abbracciava la sua fidanzata. Sorridevano entrambi, un sorriso spensierato, il suo, che non gli avevo mai visto fare da quando lo avevo conosciuto qui al fronte. Oltre le sagome di Simone e Carlo, molti compagni giacevano sacrificati in nome della gloria. Piangevo e tremavo, il fucile era pesante ma non avevo altro a cui aggrapparmi, se non il ricordo dei miei genitori e della mia bottega.
Qualcuno stava urlando, forse erano ordini o i lamenti di chi agonizzava. Difficile distinguerli quando le orecchie fischiano per le esplosioni, e forse era un bene per non sprofondare inesorabilmente nella follia. Vidi il tricolore sventolare, una visione che avrebbe dovuto riempirmi di orgoglio e coraggio, invece la paura mi gelava le ossa più di quel fine ottobre spietato, facendomi solo provare il desiderio di andarmene e tornare al mio lavoro…

periscopo

Maggiori informazioni nelle Cronache del Moscardino